Come abbiamo visto nel primo post di questa serie, il trauma avrebbe l’effetto di congelare l’individuo al momento dell’evento, talvolta a sua insaputa (cioè, senza che ne sia cosciente). Le emozioni dolorose provate continuerebbero a esercitare il loro effetto patogeno nel tempo finché non vengono scovate e neutralizzate attraverso un qualche processo di tipo catartico (dando loro sfogo) o re-integrativo (annullando le inibizioni che le tengono lontane dalla coscienza).
Il trauma agirebbe sulla psiche secondo due meccanismi, proposti a fine ’800 del secolo scorso, dal francese Pierre Janet prima e dall’austriaco Sigmund Freud poco dopo. Le due visioni sono sostanzialmente ancora quelle in uso oggi fra gli psicologi clinici per trattare il tema del trauma psichico e delle sue conseguenze psicologiche.
Janet
«Pierre Janet pensava che le esperienze traumatiche esacerbassero la discontinuità dell’esperienza cosciente ostacolando direttamente quelle funzioni di integrazione che chiamava «sintesi personale», personalizzazione» e «presentificazione». Per indicare la caratteristica fondamentale di questo processo, Janet introdusse i termini di dissociazione o disgregazione (désagrégation)». (Liotti e Farina, 2013)
In altre parole, per Janet alcuni eventi (traumi) interferiscono con i normali processi di coscienza che integrano ricordi, percezioni, senso di identità, rappresentazioni del corpo e del comportamento in una «sintesi» personale: il senso che ognuno di noi ha di se stesso. Di fronte ad alcuni eventi vissuti come particolarmente stressanti - dice Janet - possiamo scindere temporaneamente alcuni aspetti di noi stessi rendendoli momentaneamente inaccessibili.
Ad esempio, dopo aver studiato molto bene un argomento, al momento della valutazione (verifica, interrogazione), facciamo la brutta esperienza di non ricordare nulla, di avere un vuoto totale di memoria. Questo è un esempio di una piccola dissociazione quotidiana. Anche un piccolo stress può fare sì che non siamo più tutt’uno con noi stessi e con i nostri processi mentali, ad esempio alcuni ricordi. Questi contenuti sono soltanto inibiti e rimangono comunque direttamente accessibili se ci sono le giuste condizioni. Ad esempio, l’ipnosi è stata largamente utilizzata per re-integrare questi contenuti «dissociati».
Freud
«...Freud pensava che il processo mentale chiamato da Janet dissociazione fosse una difesa dell’Io, mirante a escludere dalla coscienza il dolore mentale evocato dalle memorie traumatiche».
In Al di là del principio del piacere del 1920 Freud concepisce l’apparato psichico come una «vescicola vivente», ossia come un sistema chiuso rivestito da una membrana protettiva caricata positivamente, che chiama «schermo antistimolo».
Fig. 1 «Apparato psichico»
Il trauma, con la sua rappresentazione a carica fortemente negativa, agisce come un «corpo estraneo» che penetra all’interno dell’apparato psichico generando disequilibrio nel sistema, avvertito come dolore.
Il trauma... strappa letteralmente la pelle, penetra all’interno del nostro sistema psichico e vi si installa come un «corpo estraneo interno». (Lebigot, 2005)
Fig. 2 Traumatico
Tale rappresentazione è quindi bloccata attraverso un meccanismo di difesa che lo rimuove dalla coscienza, rimanendo però inalterata nell’inconscio e non più accessibile direttamente, ma soltanto attraverso lapsus, sogni, ecc. che ne sveleranno la presunta esistenza. In base a questa concezione del trauma è possibile vivere una cosa terribile a 20 anni e riviverla tale e quale anche a 70!
Ma quale visione dell’uomo c’è dietro queste due storiche idee sul trauma? Davvero l’apparato psichico può essere assimilato a una vescicola protetta da una membrana e gli eventi di vita accomunati a oggetti che possono penetrarla e rimanere uguali a se stessi per decenni? Posso davvero frammentarmi al punto da non riconoscere più? Qualche domanda è lecito porsela ed è ciò che proveremo a fare nel terzo e ultimo post di questa serie.
Questo post è il secondo di tre sul tema del trauma. Nella prima parte abbiamo visto qual è l’effetto del trauma sull'individuo. Nella terza e ultima parte proporrò qualche riflessione critica sul concetto di trauma e la sua attuale applicazione.
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